domenica 18 ottobre 2015

La terza via al femminismo, un diritto



Faccio l'addetta stampa: un lavoro bellissimo, in cui uso un po' tutte le sfaccettature del mio cervello, le mie conoscenze e competenze. E lo faccio da freelance, lavorando a casa mia come e quando voglio, quindi essendo presente nella vita della mia bimba che non ha nemmeno due anni e credo abbia il diritto di vedere la sua mamma più di un'ora al giorno. Tutti mi dicono che sono fortunata, forse è vero. Di sicuro la Provvidenza mi ha aiutato.
Però ogni tanto mi guardo indietro e dico che forse non è solo fortuna ma è un po' anche merito mio, che ho scelto tutto questo e ho lottato per ottenerlo. E' merito di molti sacrifici, di tante porte sbattute in faccia e di qualche sogno infranto. E sicuramente è merito delle tante persone che in questi ultimi anni mi hanno sostenuto e hanno creduto in me: la mia famiglia, i miei clienti più fidati ormai diventati amici, i partner che non hanno preso paura di una mamma-professionista, anzi. Di tutte quelle persone dal cervello più evoluto della media che hanno saputo guardare oltre i vecchi schemi, oltre il concetto di lavoro dipendente, oltre l’orario, oltre quelle cose che “sono sempre state fatte così”, e che si sono fidate solo di me come persona e dei miei risultati.
Io ho fatto del mio meglio, anche se c'è ancora molta strada da fare. Ma mi sono fatta un culo così per tutto questo e non è stata facile.

Sono stata la prima ad andare oltre certe sicurezze, ho deciso io di fare la freelance, di aprire la partita iva, di licenziarmi da un lavoro dipendente dove mi trovavo bene ma che non mi avrebbe permesso di gestire la mia nuova vita privata. Mi sono presa tutto il rischio del salto nel vuoto sulle mie spalle e ora mi prendo anche un po' gloria per aver superato il burrone. Certo, non è mai detto. Non so cosa succederà tra un anno o due o dieci. Ma ormai chi di noi può saperlo?
Io so solo che per ora ho fatto bene. Mi sono goduta i primi due anni di vita di mia figlia come volevo e nel contempo non solo non ho perso il mio lavoro ma ho perfino migliorato la mia posizione professionale, avventurandomi in nuove esperienze arricchenti e prestigiose.

Era questo quello che volevo: un bel lavoro e una bella famiglia, insieme. Senza aut aut, senza dover per forza scegliere l’uno senza l’altro. Non è questo quello che dovrebbero poter fare tutte le donne? Non è esattamente questa la situazione ideale nella quale trovarsi a fare le mamme ma anche le professioniste? Gestendo liberamente il proprio orario di lavoro, lavorando per obiettivi con massima flessibilità, con alcuni impegni imprescindibili ma per lo più essendo presenti quando i figli stanno male senza fare i salti mortali e senza spendere tutto lo stipendio in baby sitter, magari lavorando la notte pur di trascorrere un pomeriggio a giocare sul tappeto.
Lo so che queste sono cose che sembrano fantascienza in Italia e soprattutto in quelle realtà dove lavorare è sinonimo di stare 20 ore al giorno dentro un ufficio. Ma io sono la prova vivente che non deve essere per forza così.

Da quando sono mamma e freelance tutto è meglio di prima e ho non la sensazione ma la certezza che anche la mia resa sul lavoro in termini di creatività e professionalità sia decisamente migliorata.
Ok, non varrà per tutti i lavori, non varrà per tutte le donne. C’è chi preferisce concentrarsi solo sul lavoro, chi sceglie esclusivamente la famiglia. Chi sceglie ma anche chi non ha scelta.

Fino a pochi decenni fa in Italia le donne non avevano nemmeno la possibilità di scegliere. Il loro ruolo era in casa, senza alcuna discussione. Poi le donne hanno rivendicato il loro ruolo sociale, talvolta fino a calpestare la bellezza della maternità. Chi non ci stava a mettere in secondo piano la famiglia si è trovata costretta a rinunciare alla carriera o a ripiegare sul part time, relegandosi di fatto un ruolo di subordinazione se non altro economica. Io credo invece che oggi dobbiamo poter essere nelle condizioni di scegliere anche la terza opzione, quella in cui vita privata e professionale non si escludono a vicenda. E la chiave è proprio la flessibilità. Quella vera, quella sana, quella scelta e voluta.

Qualcuno ne deve pur parlare. Qualcuno deve pur dire che si, è possibile ed è anche bellissimo.
Fare questa scelta dovrebbe essere un diritto per tutte e tutti (si perchè la famiglia è una cosa che dovrebbe coinvolgere anche gli uomini). Qualcuno deve pur dire che non si può vivere solo per lavorare ma che lavorare è più bello quando si riesce a conciliare anche un minimo di vita privata.
Qualcuno deve pur dirlo ai signori uomini che noi donne siamo capaci di fare tutto insieme e molto bene se solo veniamo messe nelle condizioni di farlo.
Compito della politica dovrebbe essere quello di favorire questi processi, di promuoverli e tutelarli. Compito di ciascuno di noi incarnarli e difenderli. O per lo meno testimoniarli.