venerdì 22 giugno 2012

HoneyUSA, Palos Verde, ai confini di Los Angeles

3 agosto 2011 Los Angeles, Palos Verde Estates


Ultimo giorno a Los Angeles. Domani mattina partiremo per il nostro viaggio lungo la Route 66. Oggi vogliamo goderci la città da una prospettiva tutta nostra. Sulla guida avevo letto della possibilità di visitare gli Studios della Paramount o della Warner Bros o della Sony, ma per farlo era necessario prenotarsi per tempo e poi avevamo già speso 180 dollari per l'ingresso a Disneyland...
Decidiamo così di costruirci un nostro personale itinerario per dare un'ultima occhiata a questa gigantesca metropoli, nella quale chissà quando mai avremo l'occasione di ritornare. 


Sulla guida mi ero appuntata una località che mi pareva interessante e fuori dal comune: Palos Verde, le alte scogliere sull'oceano Pacifico a sud di Los Angeles, con il faro di Point Fermin dell'epoca vittoriana e il grazioso Ports O'Call Village. 
Da quelle parti poi dove esserci anche la vecchia Queen Mary, il transatlantico che negli anni '30-'40 salpava ogni settimana da Southampton in Inghilterra diretto a New York City. Tutte le celebrità di allora si imbarcavano su questa nave dalla lussuosa prima classe e durante la guerra fu adibita persino al trasbordo delle truppe. Nel 1967, dopo 1001 traversate la Queen Mary fu acquistata dalla città di Long Beach (un distretto a sud di Los Angeles) e lì è ancorato definitivamente, trasformato in albergo e meta turistica.
 
Decidiamo di avventurarci quindi sulla costa sud e imbocchiamo l'autostrada. Il navigatore indica circa 40 minuti. Sembrava - ovviamente - molto più vicino sulla cartina. 

Percorriamo chilometri e chilometri di autostrada a 6 corsie, tagliando in verticale la metropoli. Là fuori una sconfinata distesa di periferie. Sembra tutto indistintamente uguale al quartiere precedente. Cartelloni pubblicitari con messaggi religiosi. Ci colpisce una pubblicità della Fiat 500 presentata come la grande novità automobilistica per il mercato americano. Ci sbudelliamo dalle risate all'idea che questi americani, abituati a strade a 6 corsie e a macchinoni minimo delle dimensioni di un Suv, possano inspiegabilmente convertirsi all'uso di una piccolissima (per quanto graziosa) Fiat 500. E infatti continuiamo ad essere con la nostra Nissan Versa, ovunque ci spostiamo, quelli con l'auto più piccola e misera della situazione.
 
Fuori dall'autostrada la strada comincia a salire. Dovremmo essere già arrivati sulle scogliere.Siamo su un altipiano alberato, quasi selvaggio. La strada serpeggia in mezzo a delle ville spettacolari, per lo più bianche o azzurre, che si arrampicano ordinatamente sulla collina tutte rivolte verso (ipoteticamente) l'oceano. Che però non si vede ancora. 

Cartelli stradali indicano dei sentieri a piedi verso il mare. Forse ci troviamo proprio sopra la scogliera!Al primo agglomerato di case che sembra un centro abitato con un piccolo market ci fermiamo a chiedere informazioni. Ho un vago ricordo di aver visto una foto nella guida (si, ma l'ho lasciata a casa per il peso e tra i miei appunti non l'ho riportato nel dettaglio) di un villaggio di pescatori caratteristico qui a Palos Verde, ma in mezzo a queste villone da miliardari non mi sembra ci sia nulla che ricordi un villaggio di pescatori. 
Siamo a Palos Verde Estates, un quartiere residenziale progettato negli anni '30 (si, qui a Los Angeles tutto è iniziato negli anni '30) da un famoso architetto paesaggista, un certo Frederick Law Olmsted Jr. 
Secondo il censimento del 2010 questa è una delle località più ricche degli Stati Uniti (81° posto), la spiaggia qui sotto le scogliere è un vero e proprio paradiso dei surfisti, mentre qui sopra immerso nel verde c'è un esclusivo golf club.Chiediamo a diversi passanti se sanno indicarci il "centro storico", il "vecchio villaggio", ma ci guardano tutti storto come se avessimo chiesto dove trovare una pizza napoletana nel deserto dell'Arizona. 
Finalmente raggiungiamo il faro. Ed ecco finalmente la piena vista dell'oceano aprirsi davanti a noi.Uno spettacolo di vento e luce.Laggiù sotto di noi la scogliera sprofonda nel mare creando una deserta spiaggetta rocciosa e piena di alghe verdi. Vento freddo dall'oceano. Laggiù tra dicembre e gennaio, marzo e aprile si possono vedere le balene.Non c'è nessuno a parte noi due. Che meravigliosa pace!
 
La strada prosegue costeggiando il promontorio serpeggiando lungo il costone con improvvise ripide discese  e salite. Avendo avuto un'automobile più grintosa sarebbe stato uno spasso... Ma non ci scoraggiamo e ci godiamo il panorama dell'oceano e delle rocce a strapiompo da una parte e delle villone dall'altra. 

Del villaggio di pescatori neanche l'ombra. 
Finisce che pranziamo in un ristorantino messicano all'interno di un centro commerciale all'aperto, unico punto di incontro e di shopping tra tante case. Qui funziona così, non esistono i quartieri serviti di negozietti, panificio, farmacia, macelleria e fruttivendolo. Col cavolo! Ci sono quartieri giganteschi pieni di casette ordinate e tutte uguali e poi il supermercato dove si trova un po' di tutto.Che peccato - penso - che in un posto meraviglioso come questo non ci sia un altrettanto meraviglioso centro, una piazza, un centro storico. Ma dimentico che non siamo in Europa e che qui il "centro città" non esiste. O per lo meno esiste una cosa che si chiama "downtown" ma non ha nulla a che vedere con la nostra concezione di piazza.
Strana gente questi americani, hanno tanto spazio senza un centro. 
E non sanno cosa si perdono.

Ritorniamo verso nord, riattraversando per lungo la metropoli di Los Angeles. Niente Queen Mary (ma che cce frega di vedere una vecchia nave-albergo?) ma soprattutto niente Ports O'Call Village. Scopriremo solo mesi più tardi che il vecchio villaggio di pescatori si trova da tutt'altra parte rispetto a dove eravamo noi a Palos Verde Estates... pazienza...
Lungo l'autostrada a 6-7 corsie che ci riporta verso downtown notiamo del fumo nero provenire da un punto laggiù in mezzo alla città. Forse un incendio in qualche fabbrica di periferia.
Ce ne allontaniamo veloci.

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martedì 19 giugno 2012

HoneyUSA: tornare bambini a Disneyland

2 agosto 2011 - Los Angeles, Disneyland

Partiamo presto. Perchè siamo troppo emozionati all'idea di passare la giornata a Disneyland, il primo, l'originale e imitatissimo parco dei divertimenti aperto nel 1955 per volontà di Walt Disney. Ma anche perchè Disneyland Los Angeles dista 40 km dal centro, dove alloggiamo.

La signorina del navigatore ci conduce in un'autostrada (gratuita) a 6-7 corsie. Non so se le ho contate bene. Quando arriviamo ad Anaheim, il quartiere dove è situato il parco, sono già arrivati centinaia di pullman.
Parcheggio comodissimo, bus navetta, mandrie sconfinate di gente che si avvicina all'entrata ma è tutto molto organizzato e non c'è neanche un minuto di coda. Il biglietto costa le bellezza di 90 dollari a testa.
Certo, siamo stati a Gardaland e Mirabilandia, gira e rigira il concetto è quello. Ma qui volevamo venirci. Perchè il mondo Disney fa parte della nostra storia, della storia della nostra infanzia così come quella attuale, appassionati come siamo di cartoons e film di animazione.
Ci siamo fatti un regalo, ecco, l'abbiamo fatto al nostro essere bambini perchè man mano che passa il tempo ci rendiamo conto che dobbiamo crescere si, ma mai troppo. Dobbiamo continuare a giocare, non perdere mai la voglia di divertirci come quando eravamo bambini.

E' quello che abbiamo fatto, a parte il fatto che siamo rimasti bloccati dentro la giostra dei pirati e pure in quella di Toy Story, e a parte il fatto che l'unica pistola di Toy story che non funzionava era la nostra.
Disneyland Los Angeles non è poi così grande, forse è più grande Gardaland. E non ha tutte quelle giostre da brividi come le montagne russe e tutte le altre sulle quali ne' io ne' Marco ci divertiamo. A renderlo speciale sono i soggetti delle ambientazioni, tutte ispirate al mondo Disney e con un bel settore a tema Star Wars e Indiana Jones. Dopo la piazzetta in stile anni '30 e l'immancabile castello della Bella Addormentata con tutte le giostre della favole, si apre un laghetto con tanto di battello del Mississippi. C'è un bar interamente ispirato a New Orleans e una band di pirati sta cantando una canzone corsara con la chitarra nel piazzale. Laggù troneggia una splendida riproduzione del monte della Paramount Picture.

Gironzoliamo tra la folla come due bambini ai quali nessun adulto dice "aspetta".

E' pieno di gente obesa. Ma pieno. E di anziani invalidi che si trascinano con un girello o in carrozzina (?). E di neonati che strillano sotto il sole storditi dal caldo e dal casino.
Tutti in mano tengono qualcosa da mangiare di grasso, unto o dolce.
La giostrina della pace nel mondo con le barchette bianche che girano dentro una caverna decorata di pupazzi che rappresentano tutti i popoli del mondo, suona una musichetta diabolicamente ripetitiva.

Ma lo spettacolo più straordinario è all'imbrunire, quando inizia il musical con tutti i più famosi personaggi Disney che cantano e recitano dal castello al laghetto per finire con effetti speciali di luci e di fuoco, Topolino che sconfigge il drago della Bella Addormentata (???) e che dice qualcosa tipo "Never stop dreaming".
Fuochi d'artificio. E mi ritrovo a bocca aperta esattamente come il bambino seduto sulle spalle del papà in fianco a me.

"If you keep on believing the dream that you wish will come true", canticchio.

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