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lunedì 9 settembre 2013

Ragionevoli dubbi pacifisti

"Non è che le guerre si facciano per vendere le armi?"
Che sollievo ascoltare questa domanda uscire dalla bocca di Papa Francesco ieri.

Me lo sono sempre chiesto anche io e poi piano piano ho cominciato a rispondermi che si, le guerre si fanno per tanti motivi ma fondamentalmente per ragioni di interesse economico. 
E si, certamente per alimentare il commercio di armi, illegale ma anche legale.

Spesso la soluzione più ovvia, più banale, più semplice è quella più giusta, come diceva il buon vecchio Ockham.
E' troppo banale pensare che anche questa volta dietro tanto interesse nell'iniziare l'ennesimo conflitto armato ci sia un puro e semplice calcolo economico?

D'altronde l'ingresso degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale ha permesso al paese di risollevarsi dopo la crisi del 29. 
Nel 1932 a Wall Street si toccò il picco minimo della crisi e i livelli delle quotazioni tornarono ai livelli precrisi solo nel 1954. Nel mezzo c'è stata la Seconda Guerra Mondiale e quasi 60 milioni di morti.

Ma io e Francesco siamo i soliti pacifisti estremisti...

venerdì 22 marzo 2013

Studi cinesi

Un libro tira l'altro. Ho appena finito l'Ombra di Mao di Federico Rampini dopo Cigni selvatici di Jung Chan e Storia della Cina di Schmidt-Glintzer, ed ho già ho appuntato un paio di altri libri sull'argomento Cina che vorrei comprarmi per approfondire ancora di più nonostante il mio comodino sia perennemente ricoperto di nuovi amici in coda.
Storia della Cina contemporanea: potrebbe essere il nome dell'esame che sto preparando. 
Il bello è che nessuno mi interrogherà mai.

Ho deciso di mia spontanea volontà di mettermi a studiare un po' un mondo che non conosco minimamente, la Cina, con il quale a livello di politiche internazionali non possiamo non fare i conti. Com'era l'Impero, il concetto di civiltà cinese, di Tianxia, che ricorda da lontano la koinè greca, e poi le vicende che hanno condotto fino alla rivoluzione maoista, dal sogno comunista alla sua follia che ha causato lo sterminio per fame di centinaia di milioni di contadini con la politica del Gran Balzo in avanti, la rivoluzione culturale e tutti i retaggi che ancor oggi sono presenti nell'attuale società cinese, volto deformato del capitalismo. 
Comunismo, capitalismo, povertà, democrazia. Finisco sempre per girare intorno a questi concetti.
E quello che leggo non mi fa mai sentire pienamente in possesso della conoscenza ma piuttosto stimola in me nuove ricerche, nuove domande in un circolo vizioso di insaziabile curiosità. 
Tutta colpa di Tiziano che dalla Russia mi ha condotto in Oriente con i suoi viaggi.
È questo é il mio modo di viaggiare, è il massimo che posso permettermi e va bene lo stesso. 
I libri mi conducono lontano dove avrei voluto vivere una vita diversa, al servizio della verità, delle parole, degli ultimi. 
Ma la mia strada è un'altra. L'ho scelta io e non la rinnego. 
Mi bastano i miei libri, miei compagni di viaggio. Mi basta la lettura, lo studio.

Che meraviglia lo studio, soprattutto quando è assolutamente volontario e libero. Nessun esame, niente da dimostrare a nessuno.
Leggo e studio solo per il piacere di farlo. Nutrimento essenziale per il mio cervello e la mia anima. 
Solo a loro devo rispondere. Solo loro mi possono interrogare. 



giovedì 14 marzo 2013

Papa Francesco e il "bandwagoning"

Prima tutti a dire come doveva essere il nuovo Papa. Ora tutti a dire come sarà il nuovo Papa.
E ovviamente ciascuno lo dipinge come vorrebbe che fosse: rivoluzionario, povero, buon comunicatore, umile, coraggioso contro il potere, legato alla dittatura argentina, dalla parte degli ultimi, contro il capitalismo, non europeo, diverso da Ratzinger.
La stampa sottolinea ora degli aspetti ora degli altri. La gente ne parla così, a pelle, per impressione.

Ognuno di noi ha delle aspettative nei confronti del nuovo Papa e lo vorrebbe su misura, a propria immagine.
Che è un po' quello che ciascuno di noi fa con Dio. Anche Dio lo vorremmo un po' a nostra immagine e somiglianza, ci piace citare dalla Bibbia i passi che ci sembrano più vicini al nostro pensiero ma prendiamo le distanze da quelli più "scomodi". Ci identifichiamo con la Chiesa quando il sentimento popolare è quello di grande euforia, come ieri sera in Piazza San Pietro, ma siamo pronti a rinnegare il nostro battesimo quando la Chiesa è protagonista di scandali e crisi, un po' come fece Pietro nei confronti di Gesù.

Accade così che finchè Papa Francesco è umile e fin dove sembra segnare una rottura con un passato che non ci piaceva, allora siamo tutti improvvisamente cattolici, tutti fedelissimi, tutti a pendere dalle sue labbra. Non appena scopriremo che Papa Francesco la pensa esattamente come Papa Benedetto (che la pensava esattamente come Papa Giovanni Paolo II) su temi come l'aborto, l'eutanasia, il matrimonio gay e altre questioni tipiche da dibattito tra credenti e non credenti, saremo allora pronti a rinnegare la nostra vicinanza, evidenziando la nostra assoluta anticlericalità. Si chiama tecnicamente, nel gergo della politica internazionale, "bandwagoning", cioè saltare nel carro del vincitore.

E la storia dell'umanità è piena di vili esempi.
Siamo terribilmente umani, esattamente come lo è la Chiesa e come, lo ha dimostrato Ratzinger, lo è anche il Papa. Umani, fragili, coraggiosi, imperfetti, grandi.
Ci piace saltare nel carro del vincitore finchè moltiplica il pane e i pesci, poi neghiamo di averlo mai conosciuto al momento della Passione, quando tocca anche a noi la nostra croce.

Ora c'è Papa Francesco. Ci ha chiesto di pregare prima di ogni altra cosa. Poi tutto il resto.

Penso che il Papa, come ogni creatura umana (coniuge, genitori, parenti, colleghi, amici e nemici compresi), vadano amati così come sono, accolti per la loro realtà e non per quello che noi vorremmo che fossero. Il Papa ci ha chiesto di pregare per lui prima di tutto, come forse dovremmo fare per qualsiasi persona, prima di tutto.

Forse avere fede richiede proprio questo coraggioso gesto di saper amare incondizionatamente Dio e il prossimo.
Non è forse questo il più grande insegnamento di Gesù?

Benvenuto Francesco, comunque vada hai il nome più bello di tutti.


martedì 5 marzo 2013

Una nuova creatura politica


Non so fare previsioni su quello che accadrà, ma qualsiasi cosa venga fuori da questa situazione politica di sicuro sarà qualcosa di nuovo, di mai visto. Una nuova creatura, orrenda o bellissima, un mostro o un sogno.

Qualsiasi cosa ne venga fuori di terribile può essere solo colpa della vecchia politica corrotta.
Qualsiasi cosa venga fuori di meraviglioso può esse solo merito della democrazia.

È vero, ho sempre avuto una certa simpatia per le rivoluzioni.
Quello che mi preoccupa è ciò che segue: le controrivoluzioni o le loro distorsioni.



venerdì 18 gennaio 2013

La cosa giusta

I miei genitori mi hanno sempre insegnato a fare la cosa giusta. E mi hanno insegnato a capire quando un cosa é giusta. Mi hanno insegnato con il loro esempio che fare la cosa giusta raramente é conveniente, che é scomodo, che é faticoso, difficile. Ma mi hanno anche insegnato che é bello.

Non ho mai visto mia mamma e mio papà prendere una decisione secondo il loro comodo, secondo la moda o perché lo fanno tutti. "Perché lo fanno tutti": Questa frase non é mai esistita a casa mia.
Quello che fanno tutti non è mai stato un riferimento.
Li ho sempre visti pesare a manciate i valori di onestá e correttezza, sbilanciandosi in caso di dubbio a loro svantaggio.
Sarà per questo che non siamo mai diventati ricchi o popolari ma siamo stati sempre piuttosto anomali.

Io non posso che comportarmi allo stesso modo. Metto i valori e i principi prima di tutto. Prima del denaro, prima della convenienza.
Le persone che mi circondano raramente mi capiscono e io mi sento sempre un po' un alieno nel comportarmi secondo quelle regole che mi hanno insegnato in famiglia.

Mi capitano ogni tanto delle situazioni particolari nelle quali vengo fortemente tentata dal comportarmi in modo non corretto per una qualche evidente convenienza.
Mi prendono per pazza, cercano di convincermi in tutti i modi. Io resto ferma sui miei passi. Mi lascio scorrere davanti opportunità e tentazioni non senza tentennare o cedere.

Non lo dico perché mi ritengo brava. Quando si fa ciò che è giusto non si é bravi, si é solo giusti. E non si ha diritto ad applausi e ricompense. La coscienza pulita é la massima ricompensa.
Lo dico perché la vita mi ha insegnato che anche se inizialmente fare la cosa giusta sembra controproducente alla fine succede sempre che in qualche modo poi si riveli la scelta vincente.

Non sarà conveniente in termini economici, non sarà conveniente in termini di successo, sarà conveniente in termini umani o, per chi ci crede, in termini divini.

E cosa c'è che valga di più dell'umanità?

Cosa più del divino?


venerdì 12 ottobre 2012

Una piccola riflessione politica

Mi sento, mio malgrado, parecchio distante dal PD. E non mi sono mancate le occasioni per dirlo.
Non sono mai stata un'iscritta, ne' una fan sfegatata, ma diciamo che nel PD ho sempre visto quella che avrebbe dovuto essere la mia "casa" politica, per vicinanza ideologica e culturale, il partito in cui avrei dovuto riconoscermi "naturalmente" per il mio percorso formativo, cattolico-progressista, social-democratico.
Sono di fatto un'elettrice delusa e mancata del PD.
Il PD ha tradito sul nascere il sogno che doveva interpretare, non riuscendo mai a innescare quel vero distacco dal passato e quella vera opposizione al berlusconismo che avrebbe dovuto incarnare. 
Tutta quella mollezza politica quando era il momento di tirare fuori le unghie non gliel'ho mai perdonata, pur non smettendo mai di sperare in un cambiamento sostanziale capace di riconquistarmi.

Poi tra crisi, governo tecnico e grillini il panorama politico é molto cambiato. E in questi ultimi giorni non si fa che parlare della partita per le primarie tra Renzi, Bersani e Vendola come se dalla vittoria di uno di questi tre candidati dipendesse non solo il futuro del partito ma anche della politica. 
Ancora una volta mi trovo a ragionare in termini di voto utile. Un paio di riflessioni così, banali e superficiali, al di lá delle mie personali intenzioni di voto, che per il momento non riguardano il PD. 

Bersani mi piace, é un politico di esperienza e di spessore, sa parlare in modo chiaro e convincente, ma in lui gli italiani non possono che vedere la sinistra del passato, quella sinistra che non si é opposta sufficientemente a Berlusconi quando era il momento di farlo e che si é sempre mescolata al resto della casta, approfittando dei privilegi senza ottenere alcun risultato nella lotta agli sprechi e alle prepotenze della politica. Non credo sia lui la persona giusta per convincere gli elettori a dare il proprio sostegno al PD alle prossime elezioni politiche.

Anche Vendola mi piace, é un politico di esperienza e di spessore, parla in modo molto idealista e progressista, mi riconosco in molte sue affermazioni, ma per quanto la sua sessualità a me non provochi alcun tipo di problema, temo che come candidato nazionale possa essere penalizzato in questo da quella parte più conservatrice degli elettori che magari non votano tradizionalmente a sinistra ma che, delusi da come stanno andando a finire il PDL e la Lega, magari potrebbero essere persuasi dal votare un tipo come Renzi.

Infatti Renzi potrebbe davvero essere la persona giusta. Mi piace, certo, perché é giovane certo, perché dice finalmente quello che tante persone come me pensano ( cioè che é il momento di un cambio generazionale generale ai vertici). Non faccio l'errore di esaltarlo come fosse il messia della sinistra. Sicuramente in lui ci sono degli aspetti e delle posizioni controverse, ma é proprio in questo che sta la sua forza a livello di eleggibilità nazionale. Rappresenta quel nuovo che in questi momenti di crisi la gente insegue in modo irrazionale, a pelle. Esattamente come fece nel 94. 
Mi chiedo come mai le gerarchie del partito non vogliano approfittare di questa carta, nascondendosi dietro le quinte e continuando il percorso che hanno iniziato. Me lo chiedo e anche mi rispondo: sanno benissimo che non hanno futuro alle spalle di Renzi, lui l'ha detto chiaramente. 

Renzi é accusato di essere troppo sbilanciato verso destra rispetto allo standard del Pd. Ma credo sia anche una questione di generazione. E la nostra generazione é infatti sicuramente molto meno marmorizzata sui tradizionali pilastri della cultura politica della sinistra. Basti pensare al mondo del lavoro, nel quale abbiamo perso tutti i nostri diritti e per il quale ora siamo disposti ad accettare condizioni moooolto "liberaliste" pur di lavorare... Una maggiore apertura al dialogo sui temi classici della destra liberale, cosa di cui accusano Renzi, non é un peccato mortale, ci sono molti aspetti (penso ad esempio il famigerato art 18...) sui quali ci sono secondo me molti margini di discussione. Oggi una maggiore apertura non può che essere la carta vincente per andare a raccogliere consensi in quel micidiale centro moderato dove pare che si affossino gli italiani tra un ventennio e l'altro.

Indipendentemente dalle mie opinioni personali posso affermare quindi che a livello strategico Matteo Renzi potrebbe essere la persona giusta a rappresentare quel poco di cambiamento necessario alla politica monolitica del Pd. Quel poco di rinnovamento sufficiente a contrastare l'ondata dei grillini che - preparatevi- supererá ogni aspettativa.
A dir la verità non mi auspico un governo grillino ( anche se per me non regge l'argomento classico anti-grillino che cioè si tratta di ragazzi impreparati e digiuni alla politica: perché la Minetti, la Carfagna o Calderoli lo erano??). Condivido la maggior parte dei punti del programma del Movimento a 5 Stelle (a proposito, l'avete mai letto?) ma non vorrei vederlo al governo. Sarebbe come ammettere la sconfitta definitiva della politica tradizionale. Forse é quello che ci vuole, ma forse anche no, o almeno non cosi, non ora. Sono un po' rivoluzionaria, è vero, ma alla fine non auguro mai le rivoluzioni, perchè implicano la violenza. Preferisco i cambiamenti graduali dall'interno. E infatti spero sempre che la loro propositivitá e la loro spinta al cambiamento venga raccolta dai partiti istituzionali come occasione di rinnovamento profondo. Illusa. Forse però non mi dispiacerebbe vedere qualche grillino al parlamento, potrebbero bastarne una manciata per vederne delle belle. 

O forse sono solo troppo sognatrice e mi illudo ancora una volta che una qualche svolta sia ancora possibile, che esistano ancora dei politici illuminati che hanno a cuore l'interesse pubblico e la legalità, che non intraprendano questa strada solo per prestigio personale e per rubare meglio....

Ho una concezione troppo elevata della politica, quella vera, con la P maiuscola per arrendermi e per non sperare in un cambiamento. Un cambiamento che forse, facendo le mosse giuste, potrebbe essere il PD a guidare, insieme ai suoi ipotetici alleati. O che altrimenti sarà necessariamente in mano ai grillini, o a una rivoluzione. 

Io mi chiedo da che parte voglio stare. E non ho ancora deciso. 
Intendo se fare una rivoluzione oppure no...


p.s. non cito minimamente PDL, Lega o UDC come luoghi del cambiamento e non serve spiegare il perchè...




giovedì 26 aprile 2012

Grillo non è l'antipolitica

Puzza di stantio. Presente quell'odore che si sente nelle case chiuse da tempo, negli armadi delle case di montagna prese in affitto per l'estate? Ecco sentire anche ieri, 25 aprile, dalle sagge parole del Presidente Napolitano una caduta di stile a difesa della politica tumefatta che abbiamo al potere oggi e contro il "primo demagogo" che osa attaccarla... mi ha fatto provare quella stessa sensazione di vecchio, di anacronistico, di ammuffito.
Possibile che ancora non abbiano capito che l'errore più grave che può fare la politica oggi è considerare antipolitica tutto ciò che si azzarda a criticarla, e in particolare Beppe Grillo?
Preciso subito: Grillo mi piace, anche se non sempre. Non sono un sua fan scatenata, non appartengo al movimento 5 stelle anche se ne condivido la maggior parte del programma, ma seguo con attenzione quanto sta creando perché lo ritengo una delle migliori espressioni di "politica dal basso" che la società civile abbia saputo sviluppare negli ultimi 10-15 anni.
Certo, Grillo sbaglia quando generalizza. Io sono sempre stata la prima a dire che non può esserci solo marcio, che qualcuno che si salva ci deve pur essere. Faccio fatica a salvare qualcuno, a dir la verità, ma continuo a crederci. Di Grillo si criticano i toni, aggressivi, urlati, irrispettosi, provocatori.
È vero, Grillo esagera spesso e volentieri, soprattutto quando la mette sul personale contro tutto e contro tutti, secondo una volontà di attaccare gli avversari sulla persona che non posso condividere.
Ma ricordiamoci in che paese viviamo, chi abbiamo avuto al governo fino a pochi mesi fa, e cosa abbiamo al governo ora. Non si può ragionare come se fossimo in un paese normale, gli italiani arrivano sempre al punto di aver bisogno di qualcuno che urla. Siamo un paese anomalo, dobbiamo esserne coscienti. Per cui non possiamo aspettarci reazioni normali e politically correct.

Anch'io, come i più moderati, vorrei una politica corretta, democratica e ponderata, dove ci si affronta con il dialogo costruttivo e si collabora alla costruzione di un paese migliore nell'interesse del bene comune. Il sogno di Veltroni non mi dispiaceva, ma era stato tirato fuori al momento sbagliato. Quella volta bisognava alzare la voce contro Berlusconi, non ignorarlo e giocare a non nominarlo nemmeno.
Stiamo ancora vivendo una fase anomala, abbiamo ancora bisogno di rispondere in modo forte a quello che sta accadendo. E rispondere con forza, dal basso, puntando il dito contro quella politica che tradisce la sua vocazione e il suo mandato, non è antipolitica ma l'espressione più alta della politica democratica nel suo significato più originario.
Io ce l'ho a morte con la sinistra (da donna di centro-sinistra) con il Partito Democratico in particolare, per non aver capito tutto questo, per non aver fatto suo il programma di Grillo quando era il momento, per non aver fatto di tutto per raccogliere quel malcontento popolare contro la vecchia politica berlusconiana e per elevarlo a "politica" ufficiale.
Questo doveva fare il PD quella volta, e ormai è troppo tardi, fuori dalla storia anch'esso. Pensare di relegare al di fuori della politica tutto quel movimento che si è creato a partire dall'iniziativa di un comico all'avanguardia tecnologica, è da mummie, fa parte di un vecchio modo di concepire la politica e il mondo e non fa che accentuare la distanza tra la politica e la popolazione. Io non ho mai votato per il movimento 5 stelle, ma avrei voluto votare per il suo programma incarnato da un partito politico come il PD. Questo non è avvenuto, il PD ha perso un'elettrice (pazienza), ma più che altro ha perso una grande occasione di cambiamento dall'interno.
Oggi quelle stesse persone che si scagliavano contro Grillo anni fa quando proponeva con il V-day di modificare la legge elettorale per reintrodurre le preferenze e il limite di due legislature per mandato, propongono le sue stesse idee come proprie. Ma oggi è troppo tardi, gli elettori li hai già persi, la politica gli elettori li ha persi quasi tutti e alle prossime elezioni la vera maggioranza sarà quella degli astenuti.

Mi piacerebbe tanto poter dire che Grillo è solo un comico provocatore, ma non è così. Grillo sta interpretando il sentimento di una certa fascia della popolazione che, staremo a vedere i numeri nelle prossime elezioni amministrative, non può essere ignorata o minimizzata o considerata "antipolitica". Politica anticasta, democrazia diretta, chiamiamola con un altro nome. Ma non antipolitica.
Antipolitica era quella che era al governo fino a dicembre scorso, insulto alla politica è l'esistenza stessa in parlamento di un partito come la Lega, vergogna per la la politica è stato avere Berlusconi, un dittatore mascherato, come presidente del consiglio per tanti anni... Vogliamo smettere di giocare con le parole e chiamare le cose con il loro giusto nome?

martedì 22 novembre 2011

Visita da ET

Per un istante mi é sembrato di essere in un mondo parallelo. Il medico (donna) mi ha ricevuto con un sorriso, in uno studio pulito e profumato, perfettamente puntuale, ha registrato velocemente tutti i miei dati in un pc, mi ha visitato spiegandomi in modo semplice e chiaro cosa stava facendo.
Nel giro di 10 minuti aveva finito e mi aveva già chiesto il codice fiscale per potermi fare la fattura e nel frattempo mi aveva anche preparato una cartellina con la scheda riassuntiva dell'esame da potermi portare a casa.
Su un'etichetta tutti i suoi contatti, compreso l'indirizzo e-mail.

Sembrava troppo bello, meno male che le ho lasciato giù quei 200 euro che almeno mi sono ridestata ricordandomi che era una visita privata...
Si, da ET...

giovedì 17 novembre 2011

Il dovere di voto brasiliano

Sono cascata come un pero quando la mia amica Patricia – che è brasiliana – mi ha raccontato che in Brasile il voto non è un diritto ma un obbligo tra i 18 e i 70 anni, mentre è facoltativo tra i 16 e i 18 anni e oltre i 70 anni.

Chi non si presenta alle urne il giorno delle elezioni e non giustifica successivamente la sua assenza all'ufficio anagrafe perde i diritti basilari di cittadino come ottenere la carta d'identità e il passaporto, deve pagare una multa e regolarizzare la sua posizione con la giustizia elettorale.

Lei si stupisce del mio sguardo sbalordito di fronte alla parole "giustizia elettorale".

Per me è un'illuminazione.
Forzato, ma interessante.

Patricia casca dal pero lei invece quando le racconto che in Italia più della metà degli aventi diritto si astiene dall'esercitare il diritto di voto e che quindi la "maggioranza" di governo non è che una maggioranza per modo di dire.

Confronti internazionali di politologia e fini scambi culturali sul treno dei pendolari diretto a Conegliano.
Sull'orizzonte le colline roseggianti.
Il Piave si lascia attraversare senza mai passare inosservato. Risveglia un senso di patria e di dovere civile da troppi anni sopito.


 

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mercoledì 16 novembre 2011

In & out

Anni fa, ma tanti anni fa, ho letto "L'era dell'accesso" di Jeremy Rifkin. Un saggio di sociologia spaventosamente profetico. Parlava di una società divisa non sulla proprietà, ma piuttosto sull'accessibilità. Tecnologia e internet hanno alla fine creato davvero questa divisione. O sei dentro o sei fuori. E se sei fuori sei lontano da ogni accesso al potere e alle decisioni.

Per la mia generazione è tutto scontato: leggere le news in tempo reale sullo smart phone, chattare con gente dall'altra parte del pianeta, scambiarsi file e foto via mail, frequentare gli amici sui social network. È anacronistico fare i nostalgici del profumo della carta da giornale e delle amicizie a tu per tu davanti a un caffè. Giusto o sbagliato che sia dobbiamo essere nel mondo, conoscere le sue leggi e i suoi meccanismi per poterlo cambiare dal di dentro. O anche solo per viverci non da extraterrestri.

La tecnologia sta creando uno spartiacque spettacolare, preoccupante e affascinante allo stesso tempo, tra coloro che la frequentano e la posseggono, almeno in parte, e coloro che non possono accedervi o -peggio- non vogliono averci a che fare. Una spaccatura tra generazioni fortissima, una spaccatura tra nord e sud del mondo amplificata.

In Italia siamo all'età della pietra sugli strumenti tecnologici applicati alla vita sociale, e questo perché siamo governati a tutti i livelli da persone troppo vecchie e antitecnologiche, dalla politica all'imprenditoria. Ma presto o tardi dovremmo arrivarci. Meglio presto, se non vogliamo essere tagliati fuori davvero dallo sviluppo.

Alfabetizzazione informatica obbligatoria e accesso alla rete gratuito per tutti, potrebbero essere le prime azioni.
Sono sicura che la tecnologia possa rendere la nostra vita migliore. Basterebbe usarla...e usarla tutti...istituzioni e politica per primi!!!!!




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lunedì 14 novembre 2011

Post Silvio

Certo che ho festeggiato sabato sera. Vorrei anche vedere. Dicono che non c'è niente da festeggiare, che tanto la crisi c'è lo stesso, che tanto Monti non é un santo, che non si sa se domani sarà meglio di ieri. Ma lasciatemi festeggiare, con quella soddisfazione amara di chi può orgogliosamente dire di essere sempre stata un'antiberlusconiana, e con cognizione di causa. Lasciatemi sfogliare le ultime pagine di questo libro, che ho letto con passione e disincanto in ogni suo paragrafo, convinta di aver scelto la parte giusta, quella della storia.
Ora é tutto da ri-costruire, si intende. E mi secca che a farlo sia un uomo, un vecchio, che sicuramente si circonderà di altrettanti uomini, e vecchi. Lo intendo come una cura necessaria.
Poi però vorrei il cambiamento vero, vorrei vedere governare delle forze giovani, lontane dalle vecchie categorie della politica del 900, vorrei una politica 2.0, capace di mettere al primo posto l'interesse comune, la giustizia sociale, la tutela dell'ambiente, il rispetto delle regole...Vorrei una politica più al femminile. A sprazzi immagino come sarebbe. E quello che immagino sembra funzionare...




lunedì 29 agosto 2011

I bisbigli del controllore FS

Un uomo sta discutendo con il controllore sul treno per Conegliano. Deve aver appena scoperto che ha diritto ad uno sconto sull'abbonamento del mese prossimo se presenta l'abbonamento dei mesi precedenti. E dal tono della sua voce mi sa che lui, come praticamente tutti, l'abbonamento del mese di agosto non l'ha fatto perché è andato in ferie e quello dei mesi prima deve averlo buttato via.
Dello sconto di circa il 40% a me ne ha parlato l'altro giorno un altro controllore sussurrandomelo quasi di nascosto dagli altri passeggeri. Non ho visto alcun cartello in stazione, nessun annuncio dagli altoparlanti.

Forse le Ferrovie dello Stato sperano che siano in pochi ad aver saputo del diritto allo sconto a causa della multa presa dalla Regione. E soprattutto lo dicono oggi nella speranza che in tanti non abbiano conservato il vecchio abbonamento...
Ma io sta volta sono stata più furba di loro e quindi mi becco il mio 40% di sconto. Lo prendo per una richiesta di scuse per tutti i ritardi che mi sono subita....


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lunedì 2 maggio 2011

La vera "lezione" che dovevamo dare a Bin Laden...

Gli americani che festeggiano davanti alla Casa Bianca la morte di Bin Laden non sono migliori di quegli arabi che festeggiavano il crollo delle Twin Towers. Mi danno il disgusto.
Non che io abbia mai fatto il tifo per AlQuaida, sia chiaro, ma non saremmo stati tutti più contenti di saperlo arrestato e messo in un carcere di massima sicurezza, sottoposto a un processo per crimini contro l'umanità davanti agli occhi digitali del mondo? Non sarebbe stata questa la vera vittoria dell'occidente contro il terrorismo?

Per uccidere Bin Laden gli americani ci hanno messo 10 anni, trascinando in una guerra infinita la popolazione dell'Afghanistan che di certo non sta meglio ora di quanto non stesse prima. Per vendicare i circa 3000 morti dell'attentato dell'11 settembre gli Usa hanno ucciso una cifra compresa tra 200.000 e 1milione di persone, tra cui migliaia di civili, donne, bambini...

Non mi rende felice la notizia della morte di Bin Laden, come non potrebbe rendermi felice la notizia della morte di nessuno. Abbiamo costruito con fatica e sudore e sangue una civiltà del diritto come fondamento della democrazia in cui tanto sbandieriamo di credere e poi, proprio quando abbiamo la possibilità di dare una "bella lezione" a colui che è considerato il nemico numero uno della democrazia e della civiltà occidentale che facciamo? usiamo le sue stesse armi: la violenza, la morte.

Sono davvero convinta che prenderlo vivo e fargli un giusto processo avrebbe dimostrato davvero la superiorità della civiltà, delle leggi e della democrazia occidentale. Non per buonismo, ma perchè se mettiamo i diritti umani come principio fondante della nostra civiltà la persona umana è da rispettare sempre. La pena di morte non è ammessa mai. E gli americani continuano a cadere su questa contraddizione, da sempre, pur facendosi tanto promotori della democrazia e dei diritti...

Se la guerra e la pena di morte restano ancora l'unica soluzione dei nostri problemi, allora non abbiamo proprio niente da festeggiare, non siamo vincitore di niente.

La democrazia, la civiltà del diritto, la cultura dei diritti dell'uomo non ha vinto neanche questa volta.
Hanno vinto ancora i terroristi.

martedì 26 aprile 2011

Chernobyl, 25 anni di male invisibile

Si celebra oggi, 26 aprile 2011, il 25esimo anniversario del disastro di Chernobyl. Un anniversario celebrato con una nuova catastrofe nucleare, la controversia sul numero delle vittime, l’emergenza strutturale del sarcofago, l’impegno del mondo a fianco delle popolazioni colpite. Per non dimenticare.

Il mio articolo pubblicato oggi su www.ilcambiamento.it

26 Aprile 1986 - 26 aprile 2011: forse qualcuno sperava quest’anno di celebrare in sordina il 25° anniversario del disastro nucleare di Chernobyl. Invece la tragica coincidenza con una nuova altrettanto grave catastrofe avvenuta agli antipodi ha costretto il mondo a una riflessione profonda, a riabilitare alla memoria quel male invisibile che ha pervaso l’Europa e in particolare le città e i villaggi a cavallo tra l’Ucraina e la Bielorussia, i più contaminati dal fallout radioattivo proveniente dal reattore numero 4 di quella che doveva essere la più grande centrale nucleare del mondo, la centrale “Lenin”.

Un male invisibile, quello delle radiazioni, impercettibili, inodori, insapori, che in questi 25 anni è scomparso anche dalle statistiche. Ancora controverso è infatti il numero delle vittime: 2 tecnici della centrale morirono immediatamente in seguito all’esplosione, altre 29 persone, per lo più vigili del fuoco accorsi nei primi istanti sul luogo dell’incidente, spirarono all’ospedale. 65 morti accertati nei primi giorni, 134 tra l’87 e il 2005. Ma sono molti di più. Il gruppo dei Verdi del Parlamento Europeo ha stimato circa 30.000-60.000 morti nel giro di 70 anni dal disastro, Greenpeace ha previsto una cifra ancora più catastrofica: 6 milioni di vittime.
Non si giungerà mai a una conta definitiva, le radiazioni colpiscono gli organi interni causando malattie e tumori difficilmente riconducibili alla contaminazione nucleare. Un’emergenza sanitaria che riguarda circa 10 milioni di persone, attualmente residenti in una zona dove le radiazioni sono superiori alla noma e che continuano ad alimentarsi di prodotti contaminati. Le conseguenze di tale contaminazione sono difficilmente monitorabili e si ripercuoteranno per generazioni.

Tra le azioni più urgenti resta la ricostruzione del sarcofago che imprigiona il reattore numero 4. Progettato per durare 30 anni, da tempo la pesante copertura presenta crepe e fessure dalle quali fuoriescono vapori radioattivi che si disperdono in continuazione nell’atmosfera. Fin dai primi anni ’90 l’Unione Europea si è attivata per reperire i fondi da destinare alla costruzione di una struttura di contenimento in grado di mettere in sicurezza il reattore che contiene ancora il 95% del materiale radioattivo presente al momento dell’incidente.
Il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-Moon si è recato a Chernobyl pochi giorni fa e ha partecipato ad un incontro a Kiev durante il quale si sono decisi gli stanziamenti per la costruzione del sarcofago. Per i lavori sono necessari circa 750 milioni, l’UE contribuirà con 110 milioni di euro. La cifra rimanente dovrebbe essere messa a disposizione dal governo di Kiev, almeno stando a quanto annunciato dal Commissario europeo per lo sviluppo Andris Piebalgs lo scorso 19 aprile alla conferenza di Kiev.

Mentre l’attenzione del mondo si è spostata in estremo oriente, sono numerose le associazioni, in questi 25 anni a fianco delle popolazioni colpite dalle radiazioni di Chernobyl, che vogliono mantenere vivo il ricordo e soprattutto l’impegno di solidarietà. Soprattutto a fianco dei bambini. Continua l’intensa attività di ospitalità in Italia dei ragazzi bielorussi a scopo di smaltimento delle radiazioni accumulate nel fisico (Help for Children, Aiutiamoli a Vivere, Un sorriso per Chernobyl, Bambini di Chernobyl sono solo alcune delle numerosissime realtà distribuite sul territorio che agiscono da oltre 20 anni per i bambini colpiti).
Greenpeace ha lanciato il sito Generazione Cernobyl http://www.generazionecernobyl.org/public/, sul quale le persone potranno scrivere e condividere il proprio ricordo di Chernobyl accompagnandolo con una foto o registrandolo in un video messaggio.
L’obiettivo è ricordare gli effetti che un disastro nucleare può avere sulla vita di tutti. Perché il male invisibile prenda corpo e si manifesti con tutte le sue tragiche conseguenze agli occhi del mondo. Una lezione che è necessario ripetere, maggiormente dopo quanto accaduto a Fukushima perché, evidentemente, il mondo non l’ha ancora imparata.

Francesca Bellemo

sabato 26 marzo 2011

Radiazioni, il male invisibile

La radioattività è infima e subdola. Non si vede, quindi non fa paura.
Non è spaventosa come il terremoto, non è devastante come uno tsunami. Ma è molto più crudele, attacca più in profondità e potenzialmente può causare molti più morti di terremoto e tsunami messi insieme.
Ti diranno di non allarmarti, ti diranno che quel territorio non è contaminato, che non ci sono rischi per la tua salute e se mai ti ammalerai ti diranno che non puoi dimostrare che sia colpa delle radiazioni.
Il nucleare non fa abbastanza paura solo perchè la radioattività è impalpabile, trasparente, inodore.
Siamo nella società dell'immagine. Abbiamo bisogno di visualizzare il male per temerlo.
Abbiamo bisogno della musica di sottofondo.
Come siamo all'antica.

giovedì 17 marzo 2011

Finchè soffia il vento di Fukushima

Ho appena pubblicato un libro per raccontare le conseguenze della catastrofe nucleare di Chernobyl, 25 anni dopo, per raccogliere le testimonianze delle tante famiglie italiane impegnate in progetti di solidarietà a favore delle vittime delle radiazioni che continuano ad essere vittime anche e soprattutto dopo 25 anni.

Quando ho iniziato a scriverlo, quasi un anno fa, non sapevo granchè di nucleare, di problemi sanitari o di implicazioni energetiche e politiche prima di divorare qualche decina di libri sull'argomento. Ero partita volutamente senza pregiudizi per potermi creare una mia personale opinione sulla vicenda.
Leggere la cronaca del disastro del 1986, scoprire che la popolazione era stata tenuta all'oscuro di tutto per giorni, analizzare i rischi per la salute sul lungo, lunghissimo periodo è stata per me davvero dura a livello emotivo. Entrare dentro alla tragedia passando per i volti, i ricordi e le paure di chi l'ha vissuta in prima persona è un'esperienza che segna in profondità, che fa venir voglia di urlare, di piangere.

Ma seguirla in diretta sullo schermo di un pc, mentre sei al lavoro e scrivi comunicati stampa su vino ed eventi gastronomici, sbriciando di tanto intando le strisce che scorrono sulla diretta di Rainews... è una cosa straziante.

Sono impotente, muta ma con un sacco di cose da dire.
Leggo con avidità le notizie pregando perchè la situazione non si aggravi ulteriormente, perchè il peggio sia scongiurato, ma so che non è così. Mi sento attraversare dalla disperazione composta del popolo giapponese, come fosse la mia. Mi manca il respiro.

A volte vorrei non aver studiato, non aver saputo, non aver memoria, non avere conoscenza della storia, per non sentire il peso di ogni dramma dell'umanità sulle spalle. Sono fin troppo consapevole di ciò che sta accadendo a Fukushima che mi fa paura svegliarmi al mattino, che mi viene voglia di urlare, di piangere.

Sono arrabbiata, furiosa, perchè troppe persone dimenticano il passato, perchè non si conosce la storia, non si impara nulla dalla storia. Si finisce col fare i soliti stupidi errori di calcolo.

Anche questa volta, come sempre, mentiranno dicendo che non era stato previsto.