1 agosto 2011, Los Angeles - Rock Walk of Fame
Un cartello blu posizionato orizzontalmente rispetto al nostro senso di marcia indica Sunset Boulevard. Ci siamo dentro. Ai bordi della strada una fila di altissime palme.
Un cartello blu posizionato orizzontalmente rispetto al nostro senso di marcia indica Sunset Boulevard. Ci siamo dentro. Ai bordi della strada una fila di altissime palme.
Negli anni '20 questa strada sinuosa era sterrata e univa gli studios in via di sviluppo alle ville delle stelle sulla collina. Verso la metà degli anni '30 venne asfaltato e in mancanza del controllo delle autorità locali si trasformò in una zona dedita al mercato nero e al gioco d'azzardo. Qui ci sono i nightclub più esclusivi e storici alberghi frequentati dalle star del rock.
A destra notiamo The House of Blues, un autentico blues bar trasportato qui così com'è dal Mississippi.
A sinistra una grande insegna luminosa a forma di chitarra cattura l'attenzione di Marco: il Guitar Center.
Neanche il tempo di dire qualcosa ed ha già inchiodato e parcheggiato. Non oso fiatare, ma rifletto sulla facilità di trovare parcheggio sulla prima laterale a caso di Sunset Boulevard. E pure a gratis!
Lui, chitarrista, si ferma davanti all'ingresso del Guitar Center come davanti ad un santuario. Mi ricorda la prima volta che è entrato da Esse Music a Montebelluna (successivamente battezzato, non a caso, "Il santuario").
Entriamo, chitarre dappertutto. Lo vedo girovagare poi dirigersi dritto verso una stanza interamente dedicata alle Martin. Perso il marito. Ci sono chitarre d'epoca, chitarre da migliaia di dollari, chitarre usate da chissachi. Le prova, le assaggia, le ascolta. Penso alle parole ironiche di mio papà che ha sempre detto "In casa nostra si ammettono solo musicisti". Avrei mai potuto condivider la mia vita con qualcuno che non condividesse con me la mia passione per la musica? Con qualcuno che non sapesse suonare per me?
Le sue dita scivolano sulla Martin firmata John Mayer. Sta suonando un blues di Robert Johnson.
Qualcosa di profondo mi lega a quelle sonorità, il blues delle origini muove in me qualcosa che nessun altro genere fa. Dentro quel blues avverto tutta la sofferenza degli afroamericani che cercarono nella musica la via di salvezza dalla pazzia della schiavitù. Non è solo musica, c'è anche l'anima di quella gente che vibra nello stomaco. Spirtual, blues, soul: amo questa musica come se mi appartenesse, come se mi sentissi parte di quella sofferenza, di quel popolo.
Marco ha trovato anche la stanza dei vintage. Lo do per disperso.
Mi avvicino all'uscita e mi accorgo che sul tratto di marciapiede immediatamente fuori dalla porta ci sono delle impronte. Sono delle mani impresse nel cemento. Eric Clapton, i Queen, i Toto, BB.King, ...
Non ci eravamo neanche accorti di essere nella Rock Walk of Fame dove le star della musica hanno lasciato l'impronta delle loro mani esattamente come nella ben più famosa "Walk of Fame" le star del cinema!
Quando esce anche Marco ci perdiamo una buona mezz'ora a fotografare le impronte, a osservare la lunghezza delle dita dei chitarristi. Fotografo le impronte dei Deep Purple per mio padre. Marco si fa la foto, praticamente commosso, con le sue mani nelle impronte di Eric Clapton.
Se vuoi leggere l'intero diario di viaggio clicca qui
A destra notiamo The House of Blues, un autentico blues bar trasportato qui così com'è dal Mississippi.
A sinistra una grande insegna luminosa a forma di chitarra cattura l'attenzione di Marco: il Guitar Center.
Neanche il tempo di dire qualcosa ed ha già inchiodato e parcheggiato. Non oso fiatare, ma rifletto sulla facilità di trovare parcheggio sulla prima laterale a caso di Sunset Boulevard. E pure a gratis!
Lui, chitarrista, si ferma davanti all'ingresso del Guitar Center come davanti ad un santuario. Mi ricorda la prima volta che è entrato da Esse Music a Montebelluna (successivamente battezzato, non a caso, "Il santuario").
Entriamo, chitarre dappertutto. Lo vedo girovagare poi dirigersi dritto verso una stanza interamente dedicata alle Martin. Perso il marito. Ci sono chitarre d'epoca, chitarre da migliaia di dollari, chitarre usate da chissachi. Le prova, le assaggia, le ascolta. Penso alle parole ironiche di mio papà che ha sempre detto "In casa nostra si ammettono solo musicisti". Avrei mai potuto condivider la mia vita con qualcuno che non condividesse con me la mia passione per la musica? Con qualcuno che non sapesse suonare per me?
Le sue dita scivolano sulla Martin firmata John Mayer. Sta suonando un blues di Robert Johnson.
Qualcosa di profondo mi lega a quelle sonorità, il blues delle origini muove in me qualcosa che nessun altro genere fa. Dentro quel blues avverto tutta la sofferenza degli afroamericani che cercarono nella musica la via di salvezza dalla pazzia della schiavitù. Non è solo musica, c'è anche l'anima di quella gente che vibra nello stomaco. Spirtual, blues, soul: amo questa musica come se mi appartenesse, come se mi sentissi parte di quella sofferenza, di quel popolo.
Marco ha trovato anche la stanza dei vintage. Lo do per disperso.
Mi avvicino all'uscita e mi accorgo che sul tratto di marciapiede immediatamente fuori dalla porta ci sono delle impronte. Sono delle mani impresse nel cemento. Eric Clapton, i Queen, i Toto, BB.King, ...
Non ci eravamo neanche accorti di essere nella Rock Walk of Fame dove le star della musica hanno lasciato l'impronta delle loro mani esattamente come nella ben più famosa "Walk of Fame" le star del cinema!
Quando esce anche Marco ci perdiamo una buona mezz'ora a fotografare le impronte, a osservare la lunghezza delle dita dei chitarristi. Fotografo le impronte dei Deep Purple per mio padre. Marco si fa la foto, praticamente commosso, con le sue mani nelle impronte di Eric Clapton.
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