New York.
Non potevamo non fermarci qualche giorno a New York.
Piccolo appartamento in Upper East Side, a Manhattan. Scale antincendio arrampicate sulla facciata esterna del palazzo, aria condizionata ululante, nessuna tapparella, vista su altro palazzone.
Sulla cartina sembra tutto vicino, Central Park, Downtown, the 5th avenue.. Ma non é affatto così.
Certo, la dirò anche io la banalità che dicono tutti gli italiani in America: "qui è tutto grande". Vero. Ecco l'ho detta.
Strade, grattacieli, reparti del supermarket dedicati alle patatine, bibite e panini, girivita dei passanti...
Il nostro primo impatto con la grande mela, come la chiamano, é un po' controverso. Perché a New York ti sembra di abitarci da sempre, tutto sembra già visto e quindi in un certo senso non ti colpisce niente. Almeno questo è l'effetto che ha fatto a noi.
La parola ridondante é "grande". Grande si, ma io aggiungerei anche "vecchio". New York mi è parsa una città vecchia, non antica, certo non storica, ma nemmeno così futuristica. Sarà che siamo talmente abituati a vederla come scenario in film e telefilm, ma a me (e anche a Marco) non ha suscitato alcuna eccessiva emozione.
Tutte le grandi città assomigliano a New York e New York assomiglia a tutte le grandi città del mondo. Una gigantesca distesa di periferie e un centro commerciale nel mezzo. I negozi delle grandi marche, qui come a Milano o a Londra. Mc Donald's puzzolenti qui come ovunque nel mondo, negozietti minuscoli con scritte in cinese, qui come in via Piave a Mestre. Questa -hanno ragione- è proprio la capitale del mondo globalizzato. C'è tutto di tutto.
Abbiamo cercato invano qualcosa che ci lasciasse senza fiato, ma per quanto la Statua della Libertà sia carica di simbolismo, per quanto Ellis Island trasudi memoria, ground zero attualità internazionale e il Ponte di Brooklyn illustri un bel panorama... in fondo niente ci ha trapassato in profondità. I villages, little Italy e Chinatown sono colorati e strapieni di gente, ma tutte le strade sembrano uguali. incrocio, semaforo, strisce pedonali, marciapiede affollato, taxi, Starbucks. Prossimo isolato: incrocio, semaforo, strisce pedonali, marciapiede affollato, taxi, Burger King...e via così...
Cosa rende unica questa città? Dov'è l'identità di questo paese? Dov'è la sua storia? Non abbiamo trovato tracce profonde, solo passi freschi.
Dov'è la sua anima, dove il suo cuore? Abbiamo trovato templi innalzati al dio progresso, al dio denaro (perché questo sono i grattacieli), abbiamo vissuto l'esperienza unica e tremenda di sentirci invisibili nella metropolitana.
Abbiamo toccato con mano i sogni di gente proveniente da tutti gli angoli del mondo, esuli, immigrati in cerca di nuova vita, di opportunità, di casa.
Ciascuno ha portato qui il suo sogno di progresso. Poi c'è chi ce l'ha fatta e chi no.
Il tempio del consumismo si arresta alle porte di Central Park, uno splendido polmone verde nel cuore di Manhattan. Ci si perde nei vialetti, colline, rocce, laghetti, prati verdi. Gente che corre, che passeggia, che riposa su un prato. Una grande pace.
A differenza di tanta gente, estasiata dopo aver visto questa città, non vivrei mai a New York.
Ma dentro Central Park si.
Per leggere gli altri appunti di viaggio dagli USA:
http://caffe-amaro.blogspot.com/p/usa-moleskine_05.html
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